La politica e non il mercato è il responsabile primo della crisi

 

Di Carlo Pelanda (7-10-2008)

 

 

In apparenza la crisi è del mercato. In realtà questa è stata causata da errori di politica  economica e monetaria. E’ utile ricapitolarli per capire dove sia stato e dove sarà il problema.

Alla fine degli anni ’90 l’Amministrazione Clinton varò due leggi destabilizzanti: facilitazione imprudente dell’accesso ai mutui e deregolazione delle Banche di investimento. Nel 2002 l’economia statunitense era scossa e incapace di riprendersi con una crescita normale. Contro il rischio di far implodere l’intero modello americano delle opportunità Greenspan  prese quello di mandare in bolla il mercato immobiliare per riflazionare il sistema.  Dal 2005 i prezzi energetici aumentarono a picco, i governi europei ed americano non seppero trovare misure disinflazionistiche. Le Banche centrali dovettero alzare i tassi e mandare l’economia in recessione  per curare l’inflazione. Ciò, oltre a creare una profezia recessiva che già inizio a restringere il credito, aumentò le rate dei mutui erogati a cavolo. Le insolvenze minarono, nel 2007, la solidità dei prodotti finanziari costruiti impacchettando i mutui stessi con processi sregolati vulnerabili all’eccesso di leva. Le autorità monetarie ed i governi, in America ed Europa, avrebbero dovuto forzare le banche sia a svelare le perdite sia a ricapitalizzarsi. I secondi tacquero e le prime, invece, finanziarono le operazioni bancarie a “stato corrente” allungando la crisi e accettando un rischio enorme di insolvenza. Questo si attualizzò quando Bernanke fece l’errore di lasciar fallire Lehman Brothers. In questa cronistoria, populismo economico americano sia di sinistra sia di destra a parte, si vedono tre errori gestionali di fondo: (a) finanziamento dello stato di crisi senza risolverlo; (b) incapacità di governi e banche centrali di bilanciare inflazione e deflazione; (c)  mancanza di regole per governare l’economia finanziarizzata evoluta a metà degli anni ’90. Lo spasmo interventista di questi giorni è prova del ritardo ed errori della gestione e non della sua tempestività e qualità. Tale evidenza dovrebbe portare alla revisione della politica economica e regolativa. Invece politici e banchieri centrali preferiscono imputare il mercato pazzo ed invocano la cura della definanziarizzazione, cioè del salasso. Tale atteggiamento porta al pericolo maggiore prospettico: non dare all’economia il sangue finanziario sufficiente, salassando il mercato invece che reinquadrarlo con dottrine gestionali adeguate. Il rischio è nella politica e non nel libero mercato.    

Carlo Pelanda